La mobilità degli italiani al tempo del COVID-19

Gli effetti delle restrizioni ad un mese dall’inizio del lockdown

Attraverso l’Osservatorio “Audimob” di Isfort sono stati stimati i comportamenti di mobilità giornalieri dei cittadini durante il regime di restrizioni (DPCM dell’11 marzo) dovuto all’esplodere dell’emergenza sanitaria da Covid-19.

In sintesi, i dati del monitoraggio “Audimob” mostrano nei primi 30 giorni di lockdown una drastica riduzione della domanda di mobilità. Si può stimare che nella media giornaliera il tasso di mobilità allargato (popolazione che esce di casa) sia diminuito dal 90% al 55% (35 punti percentuali in meno), gli spostamenti complessivi siano diminuiti del 60% e i passeggeri*km (somma dei km percorsi dai cittadini) sia diminuita di ben il 90%. Tuttavia una quota ancora significativa di popolazione, oltre la metà, non è rimasta a casa, ma ha effettuato spostamenti in giornata, in alcuni casi solo di brevissima durata. In effetti si è registrata una certa sostituzione di spostamenti più lunghi, strutturati e sistematici, con tragitti molto brevi, a piedi, nel quartiere (la c.d. “mobilità di prossimità”).

Il calo della domanda di mobilità è stato più pronunciato nelle regioni del Centro e soprattutto nelle fasce di popolazione anziane; solo il 30% degli over 65 è uscito di casa nella media giornaliera e la contrazione complessiva degli spostamenti è stimabile all’80% del totale. Anche il calo della domanda di mobilità di giovani e giovanissimi, per effetto della chiusura totale delle scuole, è stato un po’ più alto rispetto alle fasce centrali di ètà. Guardando alla condizione professionale si sono registrate alcune rilevanti differenze di comportamento: i pensionati sono rimasti a casa in larghissima parte, studenti, casalinghe e disoccupati hanno ridotto drasticamente viaggi e tragitti, mentre all’opposto chi ha un lavoro in due casi su tre ha effettuato almeno uno spostamento giornaliero, lungo o breve e a prescindere dal fatto che la motivazione di mobilità effettivamente si fosse legata al lavoro.

La lunghezza media dei viaggi si è ridotta di oltre un terzo, evidente e prevedibile effetto della regola dello “spostamento di sola prossimità, salvo motivate eccezioni”; al Centro e nel Nord-Est questo accorciamento risulta più marcato.

Rispetto all’’uso dei mezzi di trasporto, il confinamento da emergenza sanitaria ha prodotto un riposizionamento modale, nell’ordine di 5 punti percentuali di share, a favore della mobilità non-motorizzata (a piedi in particolare), a scapito della mobilità collettiva e della mobilità intermodale il cui peso si è più che dimezzato nel mese di lockdown. È soprattutto nelle regioni del Centro che mezzi pubblici e intermodalità sono crollati, mentre al Sud la tenuta è stata migliore (ma la quota di partenza del trasporto pubblico è qui molto più bassa).

L’auto e la moto hanno invece mantenuto, al momento, le posizioni relative con quasi il 60% di spostamenti serviti. Il peso dell’auto nella ripartizione modale è in crescita nel Nord-Ovest e nel Centro, dove è più forte la presenza delle grandi città metropolitane, mentre diminuisce al Sud e nelle Isole.

L’analisi condotta a partire dal monitoraggio “Audimob” sembra mostrare che il maggiore ricorso all’auto, che molti analisti prospettano per il futuro di breve e medio termine, non sia ancora avvenuto in regime di lockdown, seppure segnali preoccupanti in questo senso già si colgono, soprattutto guardando ai territori urbanizzati del Nord. Ma con la riapertura di fabbriche, scuole, uffici e servizi commerciali – contestuale ai contingentamenti prospettati per il trasporto “in condivisione” di cui il mezzo pubblico è l’espressione più radicata – il rischio dell’esplosione del traffico privato è più che concreto. Bisogna quindi sfruttare l’attuale fase transitoria di contenimento, di cui si auspica ovviamente il rapido esaurirsi, per progettare e dare gambe ad un piano integrato di misure necessarie per la sostenibilità del futuro modello di mobilità dei cittadini.